Attivisti tibetani condannano la rielezione della Cina al Consiglio delle Nazioni Unite per i Rifugiati

12 ottobre 2023.

Nel corso della 74°sessione delle Nazioni Unite la Cina è stata rieletta per la sesta volta al Consiglio delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

 

(lenti ma insorabili voglione cancellare il Tibet)

Nonostante la crescente preoccupazione della comunità internazionale e le documentate violazioni dei diritti umani, la Cina, nel corso della 74°sessione del Comitato Esecutivo dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati riunito a Ginevra dal 10 ottobre, è stata rieletta con 154 voti su 192. Prima della votazione, 140 gruppi di sostegno al Tibet assieme ad altre associazioni operanti nel campo dei diritti umani hanno chiesto agli stati membri di non sostenere la candidatura della Cina alla rielezione. Le organizzazioni tibetane si sono valse di una serie di valide argomentazioni, prima tra tutte il rapporto 2023 di “Freedom House in the World” che include il Tibet tra i paesi del mondo in cui i diritti civili e politici sono maggiormente violati. Hanno inoltre ricordato gli abusi perpetrati da Pechino non solo nei confronti non solo dei tibetani ma anche degli Uiguri, degli abitanti di Hong Kong e di tutte i popoli che vivono sotto il regime cinese.

Gli attivisti tibetani hanno energicamente criticato la rielezione della Cina definendola “un’immeritata ricompensa alla repressione”. Hanno dichiarato che l’assegnazione di un seggio all’interno dell’UNHCR a uno degli stati che maggiormente viola i diritti umani mette a rischio la credibilità del Consiglio e non rispetta i valori fondamentai delle Nazioni Unite. Gloria Montgomery, rappresentante del gruppo “Tibet Advocacy Coalition” – un’associazione fondata nel 2013 che riunisce molte delle principali organizzazioni a sostegno del Tibet -, ha definito “vergognosa” l’elezione all’Agenzia ONU di uno degli stati che maggiormente violano i diritti umani. Ha affermato che, nonostante 159 stati membri delle Nazioni Unite abbiano preferito girare le spalle a quanti soffrono sotto la morsa repressiva della Cina, gli attivisti tibetani in tutto il mondo continueranno a battersi per dimostrare la responsabilità di Pechino nella negazione delle libertà fondamentali.

Eletta nel 2016 con 180 voti e nel 2020 con 139 voti, all’indomani della repressione delle proteste di Hong Kong e nel momento dell’intensificarsi dei duri interventi contro gli Uiguri dello Xinjiang, la Cina si è assicurata un seggio anche quest’anno con un numero di voti maggiore rispetto a quello ricevuto nel 2020, segno di un mutamento dell’opinione internazionale nonostante il persistere delle problematiche.

 

Fonte: Phayul