Il diario di un monaco tibetano racconta le violenze perpetrate dalla Cina all’interno dei “centri di ri-educazione patriottica”

Monache centro rieducazione31 maggio 2018. Il diario di un monaco tibetano costretto a frequentare per quattro mesi un cosiddetto centro di ri-educazione patriottica rivela le violenze fisiche e psicologiche inflitte dai cinesi a monaci e monache.
Il diario, reso pubblico dal Centro Tibetano per i Diritti e la Democrazia che per ragioni di sicurezza ha tenuto segreto il nome del monaco, fornisce un dettagliato resoconto dei tentativi posti in atto dal governo cinese all’interno dei “centri di ri-educazione patriottica” per azzerare la fede e la lealtà dei religiosi nei confronti del Dalai Lama, loro leader spirituale. Costretto a lasciare il monastero e trasferito nel centro situato nella Contea di Sog (“in realtà una prigione”, recita il diario), nella cosiddetta Regione Autonoma Tibetana, senza poter portare con sé nulla all’infuori delle sue vesti, un asciugamano, dentifricio e spazzolino, il monaco scrive: “Dopo la colazione eravamo costretti a frequentare i corsi. Oggetto delle lezioni era in realtà il continuo tentativo di costringerci a denunciare il Dalai Lama. Leggi e regolamenti ci erano insegnati solo in modo in modo approssimativo e di nessuna utilità. Talvolta i funzionari cinesi sembravano solo un branco di ragazzini petulanti. Vedere una nazione potente come la Cina impegnarsi in segreto in una campagna contro un anziano monaco residente in una terra lontana induceva contemporaneamente al pianto e al riso”.
Gravissima e drammatica la denuncia della violenza e degli abusi sessuali cui spesso erano vittime le monache. “Durante gli stupri molte monache svenivano. Talvolta i dirigenti del centro le portavano, prive di conoscenza, all’interno dell’edificio dove io stesso li ho visti palpeggiare i loro seni e i loro corpi”. In passato, alcune immagini pervenute mostravano giovani monache costrette, in abiti militari, a dichiarare la loro fedeltà al regime (nella foto). Altre immagini le mostravano su un palcoscenico, obbligate ad esibirsi in canti patriottici con abiti di scena.
La repressione all’interno dei monasteri e l’educazione forzata dei monaci al patriottismo di stato è sempre stata uno dei capisaldi del governo cinese per fiaccare la resistenza dei religiosi e la loro fedeltà al Dalai Lama. Cinque le norme di educazione patriottica a cui i religiosi devono sottostare: opporsi alla richiesta di indipendenza del Tibet, denunciare il Dalai Lama, riconoscere il Panchen Lama nominato da Pechino, denunciare coloro che chiedono l’indipendenza del paese e adoperarsi per l’unità della “madrepatria”.

Fonte: Phayul