LA CINA ANNUNCIA UN NUOVO TRASFERIMENTO DI NOMADI TIBETANI

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Dharamsala, 29 novembre 2010. In data 28 novembre il governo cinese ha annunciato che, entro il corrente anno, altri seimila pastori appartenenti a 1300 famiglie nomadi tibetane saranno trasferiti dalla Contea di Shangri-la (Gyalthang in lingua tibetana), situata nella Provincia dello Yunnan, in  dimore fisse, secondo quanto previsto dal programma di stato.  L’Ufficio dell’agricoltura e della pastorizia della Regione autonoma del Tibet ha fatto sapere negli ultimi 5 anni il governo locale ha stanziato più di un miliardo di remibi per sistemare oltre 40 mila pastori tibetani in nuovi “villaggi socialisti”.

Il processo di urbanizzazione dei nomadi, iniziato nel 2000 e proseguito a ritmi serrati nel 2003, ha visto un’accelerazione tra il 2006 e il 2007, quando Pechino, nell’approssimarsi dei Giochi Olimpici, volle presentare al mondo e ai milioni di turisti che avrebbero affollato l’altopiano tibetano, una regione modernizzata e “civilizzata”.

Nel giugno 2007, in un documento di 79 pagine intitolato “Nessuno si può opporre: trasferiti i pastori del Gansu, Quinghai, Sichuan e della Regione Autonoma Tibetana”, l’organizzazione Human Rights Watch denunciò il forzato trasferimento di settecentomila tra pastori e nomadi dai pascoli dell’altopiano tibetano e delle aree adiacenti in case coloniche situate prefabbricate e squallide situate nelle vicinanze dei centri abitati. I pastori furono obbligati ad uccidere il bestiame ( yak, pecore e capre) in cambio di rimborsi minimi o inesistenti. Le persone trasferite nelle aree urbane incontrarono inoltre enormi difficoltà a trovare un lavoro dignitoso in grado di garantirne la sopravvivenza, in parte perché non conoscevano la lingua cinese e in parte perché non possedevano il denaro necessario all’avvio di una qualsiasi attività.

Secondo il governo cinese, il trasferimento forzato dei nomadi è necessario per la protezione dell’ambiente e per “sviluppare”, “civilizzare” e “modernizzare” sia le aree interessate sia la popolazione. Il programma di rilocazione, denominato “progetto per un’abitare confortevole”, dovrebbe consentire a contadini e agricoltori un più facile accesso alle scuole e al lavoro e garantire condizioni abitative più salutari. Human Rights Watch, che fin dal 2007 ha chiesto a Pechino di sospendere i trasferimenti e di consentire ai pastori e ai nomadi di tornare alle proprie terre, ritiene invece che dietro questa politica si nasconda il desiderio di cancellare la cultura tibetana e di assimilare i tibetani alla popolazione han.

 

Fonti: Human Rights Watch – Phayul – Radio Cina International