VENTI UIGURI IN CAMBOGIA RISCHIANO LA DEPORTAZIONE

Phnom Penh, 20 dicembre 2009 (AsiaNews/Agenzie). Il governo cambogiano ha disposto l’espulsione di venti cinesi di etnia uiguri, fuggiti nel luglio scorso dallo Xinjiang durante la repressione contro la minoranza musulmana. Essi avrebbero varcato “illegalmente” i confini e saranno rimpatriati. La decisione si inchina alle pressioni della Cina, che aveva bollato i rifugiati come “criminali”. Attualmente sono detenuti in una prigione della capitale cambogiana, mani e piedi legati e senza cibo. Nelle scorse settimane il gruppo era entrato clandestinamente in Cambogia, chiedendo asilo politico all’ufficio delle Nazioni Unite di Phnom Penh. Il governo, in applicazione alle leggi sull’immigrazione, ne ha ordinato l’espulsione. “Sono privi di passaporto e permessi – spiega Koy Kuong, portavoce del Ministero degli esteri – per questo li consideriamo clandestini”. Egli aggiunge di non sapere “dove andranno”, ma la “destinazione finale sarà la Cina, luogo dal quale provengono”. La loro deportazione sembra imminente anche in considerazione della visita a Phnom Pen del vice presidente cinese Xi Jinping, iniziata il 20 dicembre.

Attivisti per i diritti umani temono per la vita dei venti rifugiati, se essi torneranno in Cina. Amy Reger, ricercatrice alla Uighur American Association di Washington, spiega che “molto probabilmente verranno torturati, e forse condannati a morte”. L’attivista ricorda il caso di Shaheer Ali, fuggito in Nepal nel 2000 e considerato un rifugiato politico dall’Onu. Rimpatriato in Cina nel 2002, egli è stato giustiziato un anno più tardi.

Il 5 luglio del 2009 alcune manifestazioni pacifiche di protesta di uiguri a Urumqi, nate dalla decisione presa da Pechino di chiudere con la forza il bazar musulmano, sono degenerate in scontri etnici fra la popolazione musulmana e i cinesi han. Nel corso degli scontri sono morte 200 persone, e altre 1.600 hanno riportato ferite di vario tipo. Polizia ed esercito hanno represso le tensioni facendo migliaia di arresti.

Pechino ha già comminato 12 condanne a morte contro i presunti autori della rivolta. Gli uiguri accusano gli han di averli colonizzati, avendo occupato tutte le leve nel commercio e nell’amministrazione pubblica. Questi impediscono alla popolazione di godere dei diritti civili e della libertà religiosa, anche in nome della lotta al terrorismo islamico.