CAMPAGNA MEDIATICA CINESE CONTRO L’ASSEGNAZIONE DEL NOBEL A LIU XIAOBO

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18 ottobre 2010. Gli organi di stampa ufficiali cinesi, finora pressoché silenti circa l’assegnazione del Nobel per la Pace a Liu Xiaobo (nella foto un poliziotto davanti alla sua abitazione), hanno dato inizio a una campagna di severa critica della decisione del Comitato Norvegese. Ad eccezione di alcuni brevi articoli in cui erano citate le dichiarazioni del Ministro degli Esteri, i commenti dei media cinesi sulla decisione di Oslo erano infatti apparsi solo sulle edizioni in lingua inglese della stampa e quindi perlopiù riservati ai lettori stranieri.

Ieri, 17 ottobre, l’agenzia Xinhua ha sferrato il primo attacco affermando che, conferendo il Premio a un “colpevole criminale”, il Comitato Norvegese del Nobel ha deliberatamente ignorato i progressi compiuti dalla Cina nel campo dei diritti umani.

Il People’s Daily, organo del Partito, nel primo editoriale in lingua cinese finora apparso sull’argomento, ha affermato che quest’anno la decisione di Oslo ha tradito gli ideali e lo spirito del Premio.

Venerdì 15 ottobre, il Ministro degli esteri norvegese Jonas Gahr ha incontrato l’ambasciatore cinese in Norvegia Tang Guoqiang. Nel corso del colloquio, Gahr ha espresso il proprio rammarico per la reazione di Pechino e ha chiesto al diplomatico la liberazione di Liu e la cessazione delle restrizioni alla libertà di movimento imposte dalle autorità cinesi alla moglie.

Un sondaggio pubblicato questa mattina sul Global Times, l’edizione inglese del People’s Daily, afferma che la Norvegia e il Comitato che ha assegnato il Nobel “dovrebbero chiedere scusa alla Cina e ritirare il Premio”. Inoltre, sempre secondo il sondaggio, il 75% degli intervistati non sa chi ha vinto il Nobel.

In ogni caso, il 43,6% degli interpellati è convinto che la ragione principale dell’assegnazione del premio al dissidente cinese in carcere è da imputare alla volontà dei Paesi occidentali di fare pressioni sulla Cina. Per il 31,5%, il premio è un tentativo del comitato del Nobel di imporre in Cina valori occidentali. Il sondaggio è stato realizzato dal Global Poll Center per conto del quotidiano cinese: tra venerdì e sabato sono stati interpellati i cittadini di Pechino, Shanghai e Guangzhou.

Per il 57% dei cinesi, il governo dovrebbe tenere Liu ancora in carcere fino alla fine della sua pena, mentre il 17,3% crede che il dissidente debba essere rilasciato fra qualche di tempo per permettergli di lasciare la Cina; soltanto il 9% chiede il rilascio immediato di Liu per permettergli di andare a Oslo a ritirare il premio. Secondo il sondaggio, però, il 75% degli intervistati non sa chi abbia vinto il premio Nobel quest’anno. L’editoriale che accompagna il sondaggio accusa inoltre l’Occidente di “voler provocare un serio scontro ideologico con la Cina”.

Per Ni Feng, direttore dell’Institute of American Studies all’Accademia cinese di Scienze sociali, “il sondaggio dimostra come ai cinesi del premio Nobel e di Liu Xiaobo non interessi nulla, mentre interessa il prezzo delle case e gli stipendi”.

Il governo cinese, evidentemente, la pensa in maniera diversa. Pechino ha lanciato da una settimana una tornata di repressione contro i dissidenti interni. A denunciarlo oggi sono i parenti delle persone uccise nella sanguinosa repressione delle proteste di piazza Tiananmen del 1989, che hanno condannato la polizia cinese per i rastrellamenti dei sostenitori del premio Nobel Liu Xiaobo. Tra questi c’è anche la leader delle “Madri di Tiananmen”, Ding Zilin.

Secondo Hu Yong, professore dell’università di Pechino che analizza l’impatto di internet nella società, “il Nobel a Liu Xiaobo arriva in un momento cruciale nella storia del Paese. La blogosfera è impazzita dopo l’annuncio, e questo dimostra come – nonostante la censura del governo – internet e soprattutto Twitter stiano diventando i nuovi strumenti per la comunicazione di massa”.

Venerdì 15 ottobre, il Ministro degli Esteri norvegese Jonas Gahr ha incontrato l’ambasciatore cinese in Norvegia Tang Guoqiang. Nel corso del colloquio, Gahr ha espresso il proprio rammarico per la reazione di Pechino e ha chiesto al diplomatico la liberazione di Liu Xiaobo e la cessazione delle restrizioni alla libertà di movimento imposte dalle autorità cinesi alla moglie, Liu Xia.

Fonti: South China Morning Post – AsiaNews