Discusso a Ginevra il problema dei diritti umani in Tibet

24 gennaio 2024.

A Ginevra, nel corso della sessione delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel mondo, è stata sollevata la questione del Tibet

Della situazione tibetana si è parlato a Ginevra il 23 gennaio all’interno dell’esame sulla situazione dei diritti umani in Cina. Venti stati membri (Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Montenegro, Giappone, Lituania, Nuova Zelanda, Olanda, Norvegia, Polonia, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti, Austria e Australia) hanno portato all’attenzione generale la loro preoccupazione sul problema tibetano ed espresso una serie di raccomandazioni riguardanti vari aspetti dell’attuale situazione in Tibet.

Nei loro interventi i venti stati membri hanno posto l’accento sulle pratiche di assimilazione forzata in atto nel paese, in particolare sull’obbligatorietà dell’inserimento dei bambini tibetani nelle “scuole residenziali” gestite dalla Cina, pratica che ha comportato l’allontanamento di oltre un milione di bimbi in età scolare dalle loro famiglie. I relatori hanno chiesto l’immediata abolizione di questi istituti statali, il rilascio dei tibetani illegalmente detenuti e auspicato il libero accesso in Tibet dei giornalisti e dei diplomatici stranieri. Contestata inoltre la riallocazione forzata dei nomadi tibetani in dimore governative con la conseguente perdita dei loro tradizionali stili di vita. Pur in modo meno esplicito gli oratori rappresentanti gli stati membri hanno fatto altresì riferimento alle pratiche discriminatorie esercitate sui tibetani attraverso la forzata raccolta di campioni di DNA.

Il governo cinese ha respinto ogni accusa sollevata dalla comunità internazionale circa le scuole residenziali e la separazione dei bambini dalle loro famiglie. Ha sostenuto che la libertà religiosa e culturale dei tibetani è assolutamente rispettata portando ad esempio il numero dei templi, del personale religioso e degli insegnanti tibetani presenti nel paese prova, secondo Pechino, del suo impegno nella preservazione della cultura e della religiosità del popolo del Tibet.

Agli stati membri delle Nazioni Unite il ringraziamento di International Campaign for Tibet per aver sollevato il problema delle politiche cinesi in Tibet e l’auspicio che la comunità internazionale dia ora corso a relazioni bilaterali con la Cina perché la questione tibetana sia sempre sollevata. Lhadon Tethong, direttrice di Tibet Action Institute, ha dichiarato che la considerevole crescita del numero degli stati membri che si sono espressi sulla situazione all’interno del Tibet dimostra quanto siano reali e costituiscano una vera minaccia le linee politiche di assimilazione poste in atto dal governo cinese.

Fonte: Phayul