LA CINA RISPONDE A GOOGLE: LA CENSURA SERVE DOBBIAMO GUIDARE L’OPINIONE PUBBLICA

Googlefiori14 gennaio 2010. Mentre gli utenti cinesi di Google lasciavano mazzi di fiori di fronte agli uffici della società americana (nella foto), Mary Kay Magistad, corrispondente da Pechino, inviava ieri alla BBC/Public Radio International il seguente messaggio:

Sono le 10.30 del 13 gennaio e vi sto scrivendo da Pechino dove, da poco più di un’ora, digitando, con il motore di ricerca Google, la parola ‘Tienanmen’ compaiono una serie di fotografie e la descrizione del massacro. Se digito la parola ‘Falun Gong’ compaiono i video della polizia che picchia e tortura gli appartenenti al gruppo. Se cerco ‘Tibet’ compare la descrizione delle ritorsioni cinesi sul popolo tibetano a partire dal marzo 2008. Se digito “Cina + diritti umani” compare, come primo risultato, la notizia che Google minaccia di abbandonare la Cina in seguito alla scoperta della violazione della posta elettronica di un consistente numero di dissidenti cinesi da parte di haker cinesi dotati di tecnologie “altamente sofisticate”. Di conseguenza. Google fa sapere che non applicherà più alcuna forma di censura sul proprio motore di ricerca in Cina. È veramente un momento speciale.

GOOGLE MINACCIA DI ABBANDONARE LA CINA

GoogleNew York, 13 gennaio 2010 (newnotizie.it). Google minaccia di abbandonare la Cina. Il clamoroso annuncio è giunto ieri dalla sede di Mountain View, nella Silicon Valley californiana. I vertici di Google hanno reso noto che il loro motore di ricerca, nella versione cinese, è stato attaccato da hacker cinesi, che si sospetta fortemente siano al servizio della censura di Stato.
Gli attacchi dalla parte degli hacker cinesi, che hanno portato all’annuncio di ieri, erano diretti alle e-mail di alcuni attivisti per i diritti civili cinesi e di grandi imprese occidentali.

DHONDUP WANGCHEN CONDANNATO A SEI ANNI DI CARCERE

Dhondup_W.1Dharamsala, 6 gennaio 2010. Dhondup Wangchen, il documentarista tibetano arrestato dal governo cinese per aver girato un filmato nel quale intervista i suoi connazionali sulla situazione nel paese occupato, è stato condannato a sei anni di carcere. La sentenza è stata pronunciata il 28 dicembre 2009. Le autorità cinesi non hanno ancora dato comunicazione ufficiale della sentenza né è stato comunicato il nome della località in cui si è tenuto il processo ma la notizia è stata diffusa da Radio Free Asia, dal Governo Tibetano in Esilio e dai famigliari dei documentarista.

Apple censura il Dalai Lama

1 gennaio 2010 (www.rainews24.rai.it). Dopo Google e Yahoo anche Apple, impresa icona del “politically correct” Usa, cede alla censura cinese. La società californiana, attraverso la China Unicom che da due mesi distribuisce nel Paese asiatico i prestigiosi modelli I-Phone del gruppo, ha di fatto bloccato l’acceso a cinque programmi software relativi al leader spirituale tibetano … Leggi ancora