Il pugno di ferro della Cina sui Tibetani

di Cameron Stewart
(the Australian – 8 Novembre 2008)
soldato_a_lhasaNelle antiche strade di Lhasa, la capitale del Tibet, è in corso questa settimana una dura operazione militare. Al calar della notte, centinaia di militari cinesi armati di fucili e dotati di scudi antisommossa si sparpagliano per le vie di questa città ribelle, istituiscono posti di guardia agli incroci e fanno circolare pattuglie di soldati divisi in gruppi di sei, tre armati di scudi e tre di fucili.

Tibet, il Dalai Lama rinuncia al dialogo con la Cina

di Marco Del Corona
Corriere della Sera, 27 ottobre 2008

Pechino. “Basta. Rinuncio”. Anche il Dalai Lama perde la pazienza o, peggio, la speranza. Niente più tentativi di dialogo con la Cina, sia pure per interposti emissari. Il leader in esilio del Tibet lo ha detto ai suoi sabato a Dharamsala, il suo quartier generale in India. Una resa o una presa d’atto dell’incomunicabilità sostanziale con Pechino. Anzi: tutt’e due le cose insieme.

L’Intervista

Chicago, 7 Settembre 2008


080911021821huThubten Jigme Norbu, il più anziano dei fratelli del Dalai Lama, spentosi la scorsa settimana negli Stati Uniti, ha sempre considerato “non negoziabile” la questione dello status del Tibet. Quando, quattro anni fa, nel corso di un’intervista, gli fu chiesto se condividesse l’idea che i tibetani dovessero rinunciare all’indipendenza a favore dell’autonomia, Norbu, conosciuto anche come Takster Rinpoche, rispose: “ No, non la condivido, ma so anche che dai cinesi non si potrebbe ottenere di più. Lo status del Tibet non deve essere altro che il Tibet. Se non sarà così, nell’arco di due generazioni in Tibet non ci saranno più tibetani. Guardate quello che sta accadendo nella Mongolia Interna: ci sono quattro milioni di mongoli, ma a Khokhot, la capitale, non riuscirete a trovare dieci mongoli tutti assieme”.