Tibet: poliziotti cinesi presenti per la prima volta all’interno di un monastero

17 febbraio 2022. Per la prima volta un’unità di polizia cinese staziona all’interno di un monastero per sorvegliare le attività dei monaci.

E’ quanto sta accadendo presso il monastero di Palyul Thartang Gonchen (nella foto) nella Prefettura Autonoma tibetana di Golog. Radio Free Asia riferisce di aver appreso da una fonte tibetana in esilio che alle unità di controllo già presenti all’esterno del monastero, presidiato dalle telecamere, è stato affiancato quest’anno un gruppo di poliziotti che stazionano all’interno del complesso religioso “con l’incarico di sorvegliare le attività giornaliere dei monaci”. “Le autorità cinesi hanno inoltre installato sui loro telefoni mobili delle particolari applicazioni che consentono alla polizia di ascoltare ogni conversazione e di identificare la provenienza delle chiamate”.

Golok Jigme, un ex prigioniero politico tibetano ora residente in Svizzera, ha confermato la notizia. “E assolutamente vero – ha dichiarato – che i tibetani sono sorvegliati dal governo cinese ma recentemente i controlli sono stati intensificati con l’introduzione dell’obbligo di installare sui loro cellulari l’applicazione grazie alla quale è possibile monitorare ogni chiamata. Molti tibetani sono stati interrogati, puniti o imprigionati e i loro telefoni sono stati confiscati”.

Ferma opposizione anche alla diffusione di notizie attraverso i social network. Lo scorso dicembre il governo cinese ha emanato un decreto, operativo dal prossimo 1°marzo, che diffida i tibetani dal divulgare on line ogni contenuto di carattere religioso o considerato “lesivo” dell’immagine della Cina, pena l’applicazione di severe sanzioni. Un rapporto pubblicato da Tibet Watch, un gruppo operante a difesa dei diritti umani con sede a Dharamsala, riporta infatti quanto dichiarato dallo stesso presidente Xi Jinping nel dicembre 2021 nel corso della conferenza nazionale sugli Affari Religiosi. In quell’occasione è stato deliberato il ricorso a misure punitive contro coloro che si servono dei media per diffondere messaggi inerenti alla religione o per criticare il governo ad eccezione di quanti, organizzazioni straniere o individui, non siano in possesso di una licenza governativa. Riferisce Tibet Watch che il bando sulla diffusione di notizie attraverso l’applicazione WeChat è già divenuto operativo nella regione dell’Amdo. Di conseguenza, “inevitabile per migliaia di tibetani dipendere da fonti governative atee per informazioni di carattere religioso con conseguenti ulteriori restrizioni alla pratica del Buddismo tibetano e alla sua totale “sinizzazione”.

Fonti: Radio Free Asia – Phayul