Celebrato a Leh il funerale del soldato tibetano arruolato nella Forza Speciale di Frontiera

funerale Nyima Tenzin9 settembre 2020. La mattina del 7 settembre è stato celebrato a Leh, capitale dello stato indiano del Ladakh, il funerale di Nyima Tenzin, il soldato tibetano da anni arruolato nella Forza Speciale di Frontiera (SFF).

Il cinquantunenne tibetano Nyima Tenzin, con trentasette anni di servizio presso il 7° battaglione Vikas, una delle unità che compongono la Forza Speciale, è deceduto il 31 agosto travolto dallo scoppio di una mina lungo la LAC, la Linea Attuale di Controllo, una linea di confine indefinita lunga oltre 3000 chilometri che dal 1962, separa India e Cina. La Forza Speciale di Frontiera, composta da rifugiati tibetani in India, fu ufficialmente costituita alla fine di quell’anno, dopo la disastrosa sconfitta dell’India, con la creazione di speciali divisioni di montagna, denominate Vikas, successivamente riunite e ribattezzate Forza Speciale di Frontiera. Ne facevano parte combattenti della resistenza tibetana arruolati a scopo di difesa contro l’Esercito di Liberazione Popolare cinese. Ogni Vikas raggruppa circa 800 soldati, reclutati soprattutto tra i tibetani e i gurkha.

Nel corso degli anni la questione della definizione dei confini tra India e Cina è stata causa di ripetute tensioni e scontri. Come riportato in un articolo pubblicato su ilfoglio.it in data 20 giugno 2020, nel 2017, per 73 giorni, i soldati indiani e gli uomini dell’Esercito popolare di liberazione cinese si sono fronteggiati a Doklam, una località himalayana, dove si toccano i confini di India, Cina (Tibet) e Bhutan. Quest’anno, il confronto tra i due eserciti è stato ancora più duro del solito. Le schermaglie sono iniziate il 5 maggio, quando 250 soldati di entrambe le parti si sono affrontati con sbarre di ferro, bastoni e lancio di pietre nei pressi del lago Pangong, lungo la linea attuale di controllo. Ci sono stati feriti. Un nuovo incidente si è verificato il 9 maggio. Vicino al passo di alta montagna di Naku, in Sikkim, militari indiani e cinesi hanno dato vita a un nuovo violento confronto. L’India accusa la Cina di essere entrata in Ladakh in tre punti: nella valle del fiume Galwan, nei pressi del lago Pangong e a Damchok. In queste zone, i cinesi hanno ammassato 12.000 soldati, hanno montato un centinaio di tende, hanno allestito accampamenti militari e hanno costruito bunker in cemento armato, sottraendo all’India 60 chilometri quadrati del proprio territorio. Da parte sua la Cina obietta all’India la costruzione di una strada chiamata “Ds-Dbo”. La strada corre, in territorio indiano, parallela alla linea attuale di controllo. Ma va tenuto presente che costruire una strada in questo territorio conteso, equivale a volte a una dichiarazione di guerra. L’altra obiezione cinese riguarda l’alterazione fatta dal governo indiano dello status giuridico del Ladakh, adesso separato dal Jammu e Kashmir e diventato “territorio dell’Unione” sotto la diretta amministrazione del governo di New Delhi.

In questo complesso quadro geopolitico, la notizia della morte di Nyima Tenzin, al quale sono stati tributati gli onori militari, ha profondamente toccato la comunità tibetana. Al suo funerale hanno partecipato centinaia di tibetani, ladakhi e alcuni dignitari del governo indiano. A Dharamsala, i tibetani si sono riuniti in preghiera alla luce delle fiaccole. Gonpo Dhondup, presidente del Tibetan Youth Congress, nel rendere omaggio a tutti i tibetani che hanno sacrificato le loro vite per la causa del Tibet, ha così dichiarato: “Molti paesi hanno iniziato a comprendere il comportamento della Cina: dobbiamo cogliere l’occasione di questo cambiamento politico per imprimere maggior vigore alla nostra lotta”.

Fonti: Phayul – TibetSun – ilfoglio.it