Nell’approssimarsi del 60°anniversario dell’insurrezione di Lhasa la Cina chiude il Tibet agli stranieri

turisti cinesi a Lhasa21 febbraio 2019. Nell’approssimarsi di due ricorrenze politiche ritenute “sensibili” il governo cinese si appresta a chiudere le frontiere del Tibet ai turisti stranieri.

Alcune agenzie di viaggio contattate il 20 febbraio dall’agenzia Associated Press hanno fatto sapere che ai turisti stranieri sarà vietato l’ingresso in Tibet fino al 1° di aprile. Non è stata specificata la data di inizio del divieto anche se, secondo alcune agenzie di monitoraggio, il provvedimento è già in vigore. La notizia è stata confermata dal servizio clienti del portale Tibet Youth International Travel Service e dallo staff delle agenzie di viaggio Tibet Vista e Go to Tibet, entrambe situate a Chendu, il principale punto di ingresso in Tibet dei viaggiatori che si recano in visita al paese (nella foto: turisti cinesi a Lhasa – 9 febbraio 2019 – Agenzia Xinhua).

Due sono le date che il governo ritiene “sensibili” e potenzialmente lesive dell’immagine della Cina all’interno del Tibet: il 10 marzo, 60° anniversario dell’insurrezione di Lhasa del 1959 e il 14 marzo 2008, ricorrenza della rivolta antigovernativa scoppiata nella capitale tibetana ed estesasi i giorni successivi in tutto il paese. La protesta del 10 marzo 1959 segnò l’inizio della durissima repressione cinese e dell’esilio in India del Dalai Lama. Quasi cinquant’anni dopo, nel 2008, la collera dei tibetani sfociò in una serie di manifestazioni di protesta che letteralmente infiammarono Lhasa. Il governo di Pechino affermò che gli attacchi dei dimostranti provocarono la morte di diciotto persone ma è tuttora sconosciuto il numero dei tibetani che, nella feroce repressione che ne seguì, furono uccisi dalle forze di sicurezza o detenuti nelle carceri cinesi senza processo o al termine di procedimenti sommari.

A distanza di decenni da questi eventi, la Cina continua a reclamare come centenaria la sua sovranità sul Tibet e ad etichettare come “pericoloso separatista” il Dalai Lama. Le imponenti misure di sicurezza non scoraggiano tuttavia l’arrivo dei turisti, in grandissima parte cinesi, che ogni anno si recano in Tibet. L’agenzia di stato Xinhua ha reso noto che nel 2017 i proventi del turismo hanno fruttato allo stato 37.9 miliardi di Yuan (5.6 miliardi di dollari) e che nel 2018 più di 33 milioni di persone hanno visitato il paese, con un incremento del 31.5% rispetto all’anno precedente. Mentre i viaggiatori cinesi sono liberi di entrare in Tibet, agli stranieri, oltre al normale visto di ingresso in Cina, è richiesto anche uno speciale permesso di accesso al Tibet. Questa misura, assieme alle restrizioni imposte ai giornalisti e alle organizzazioni umanitarie non governative di tutto il mondo, sono un segno della volontà del governo cinese di nascondere l’entità della repressione all’interno della regione e di impedire ogni forma di indagine da parte da parte di organismi esterni.

Fonte: The Tibet Sun