Pechino impone limitazioni temporanee ai viaggi dei tibetani in Nepal e India

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27 dicembre 2016. Fonti ufficiali nepalesi hanno reso noto che Pechino ha imposto limitazioni ai viaggi dei tibetani in India e Nepal e ha chiesto alle agenzie di viaggio e alle compagnie aeree di cancellare tutte le prenotazioni ricevute. Il provvedimento resterà in vigore fino al 10 gennaio 2017.

Le misure restrittive mirano a impedire la partecipazione dei tibetani all’Iniziazione di Kalachakra che il Dalai Lama impartirà a Bodh Gaya nel periodo compreso tra il 3 e il 14 gennaio (nella foto l’ingresso al luogo della cerimonia). Le autorità cinesi di tutte le province tibetane hanno intimato ai residenti di non recarsi in visita in India, Nepal e in Buthan e tengono sotto stretta sorveglianza quanti hanno manifestato l’intenzione di presenziare al Kalachakra. Poiché molti tibetani sono già arrivati in Nepal, passaggio obbligato per raggiungere l’India, Pechino ha chiesto al governo di Kathmandu di registrare i nomi di tutti i tibetani in transito sul territorio nepalese anche se in possesso di un passaporto cinese valido. Il provvedimento, emanato circa due settimane fa, non è stato reso noto ufficialmente dal governo cinese: un portavoce del Ministero degli Esteri, interpellato dall’ambasciatore nepalese a Pechino, ha infatti dichiarato di ritenere inutile rendere pubblica ogni richiesta rivolta al governo nepalese in quanto il Nepal già aderisce alla politica di “una sola Cina”.

Dall’interno del Tibet, due sono le notizie arrivate in questi ultimi giorni dell’anno. Jamyang Choephel, un tibetano di venticinque anni, è stato arrestato il giorno 11 dicembre perché ritenuto vicino a Tashi Rabten, l’ultimo tibetano immolatosi con il fuoco. Dal giorno 8 dicembre, data della sua morte, dodici tibetani – compresi i membri della famiglia di Tashi e i passanti sospettati di avere filmato l’autoimmolazione – sono stati arrestati dalla polizia cinese.

Il 16 dicembre, Tenpa, un ragazzo di 18 anni ex monaco del monastero di Kirti, ha percorso la via principale di Ngaba, tristemente conosciuta come “la Via dei Martiri”, reggendo una bandiera tibetana e una fotografia del Dalai Lama. Al grido di “libertà per il Tibet” e “possa il Dalai Lama fare ritorno”, è riuscito a camminare per circa cinque minuti prima di essere arrestato da un gruppo di poliziotti. Tenpa era conosciuto per la sua partecipazione attiva ai gruppi di discussioni sulla questione tibetana.

 

Fonti: Indian Express – Phayul