Il Dalai Lama: il Tibet appartiene di diritto ai tibetani. La Cina incrementa il programma di sorveglianza dei villaggi

dalai-lama-30-novembre-2016-11 dicembre 2016. Al ritorno dal suo viaggio in Giappone e Mongolia il Dalai Lama ha voluto riservare una particolare udienza a un numeroso gruppo di pellegrini, circa un migliaio di persone, arrivati dal Tibet nella speranza di poter partecipare all’iniziazione di Kalachakra che il leader spirituale tibetano impartirà a Bodh Gaya nel gennaio 2017.

“Il Tibet appartiene di diritto ai tibetani e i tibetani devono essere fieri della loro peculiare cultura, lingua e tradizione”, ha detto il Dalai Lama parlando ai pellegrini nella cornice dello Tsuglagkang, il principale tempio di Dharamsala. “So che avete affrontato molte difficoltà e pericoli a causa delle pesanti misure restrittive a voi imposte dalla Cina ma sono molto felice di incontrarvi”. Il Dalai Lama ha aggiunto che, negli ultimi sessant’anni, i tibetani all’interno del Tibet sono sopravvissuti grazie alla sincerità, al grande coraggio e alla forza d’animo che li ha sempre sostenuti. “Ciò non significa che dobbiamo combattere i cinesi” – ha proseguito il leader tibetano – “dobbiamo invece nutrire sentimenti di amicizia verso il popolo cinese, soprattutto nei confronti dei 400 milioni di persone che praticano il Buddhismo”.

raduno-funzionari-1“Non sono un separatista o un demonio, come dicono di me gli oltranzisti di Pechino, non ho mai chiesto la separazione dalla Cina ma mi sono invece sempre battuto perché al Tibet sia riconosciuta una genuina autonomia all’interno della costituzione cinese, un’autonomia in grado di assicurare al paese il diritto alla protezione della sua cultura, religione, lingua e ambiente”. Il Dalai Lama, consapevole che in Tibet la popolazione tibetana, ad eccezione di quanti vivono nei monasteri, ha poche possibilità di approfondire la filosofia buddhista, ha quindi impartito alcuni semplici insegnamenti religiosi e ha esortato i pellegrini a non limitarsi alla recita delle preghiere e agli atti di devozione ma a cercare di studiare e comprendere i principi degli insegnamenti del Buddha ormai diffusi in tutto il mondo.

In aperto contrasto con le parole di apertura del Dalai Lama la notizia dell’inasprimento delle misure di sorveglianza emerse dal 6° raduno dei dirigenti dei villaggi tibetani tenutosi a Lhasa il 25 novembre (nella foto). Il programma delineato, in vigore per i prossimi sei anni, prevede la nomina di 22.000 funzionari destinati a presidiare i 5467 villaggi della cosiddetta Regione Autonoma Tibetana. Secondo il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia (TCHRD), l’invio nei villaggi di migliaia di funzionari del Partito comunista e del governo è destinato al monitoraggio delle attività dei tibetani, all’organizzazione di campagne di indottrinamento politico contro il Dalai Lama e al consolidamento del potere del Partito nella Regione.

Queste le parole di Tenzin Dawa, ricercatore presso il TCHRD: “Questo programma di sorveglianza è fortemente repressivo e invasivo in quanto consente ai funzionari di controllare i tibetani locali entrando arbitrariamente nelle loro abitazioni per raccogliere informazioni di carattere politico e obbligarli a partecipare a sessioni di indottrinamento”.

Il programma di controllo dei villaggi dell’altopiano tibetano attraverso l’invio di funzionari cinesi, iniziato nel 2011 con la campagna “Favorire le Masse”, avrebbe dovuto cessare nel 2014. Ma le indicazioni delle autorità della “Regione Autonoma” lasciano supporre che sia destinato a durare a tempo indeterminato.

 

Fonte: Phayul