Un monaco protesta a Ngaba: arrestato.
Forzato allontanamento dei monaci dal Centro di Studi Buddisti di Larung Gar

Protesta a Ngaba8 giugno 2016. Un giovane monaco tibetano è stato arrestato per aver dato vita a una manifestazione di protesta percorrendo da solo la strada principale di Ngaba, la città teatro dal 2008 di numerosi casi di autoimmolazione e dissenso.

Lobsang Tsering, un monaco ventenne del monastero di Kirti, è stato fermato il pomeriggio del 7 giugno poco dopo aver percorso la strada principale di Ngaba, chiamata dai residenti “la Via dei Martiri”, portando alta sopra la testa una fotografia del Dalai Lama e una tradizionale sciarpa cerimoniale (nella foto). Gridava: “Possa Sua Santità il Dalai Lama vivere 10.000 anni” e “Libertà per il Tibet”.
Nel giro di pochi minuti la polizia è intervenuta e lo ha portato via. Non sono pervenute informazioni circa il luogo della sua detenzione ma una fonte tibetana ha riferito a Radio Free Asia che Lobsang “è stato duramente picchiato”. Poliziotti cinesi hanno presidiato fino a notte fonda le vie e gli incroci stradali della città di Ngaba.

Ngaba e le adiacenti località dell’omonima Contea, nella regione tibetana del Kham, contano un elevatissimo numero di casi di autoimmolazione per la libertà del Tibet. Oltre 30 tibetani, in maggioranza monaci, hanno dato la loro vita chiedendo il ritorno del Dalai Lama e la fine dell’occupazione cinese. Il primo fu Tapey, un monaco ventiquattrenne del monastero di Kirti, deceduto tra le fiamme il 27 febbraio 2009. Solo negli ultimi due anni la “Via dei Martiri” è stata teatro di almeno dieci episodi di protesta da parte di singoli individui.

 

Larung Gar2Nuovi allontanamenti forzati da Larung Gar

Le autorità cinesi hanno decretato la riduzione dei monaci del Centro di Studi Buddisti di Larung Gar, la più grande scuola filosofica del Tibet, frequentata da monaci, monache e studenti laici di origine tibetana, cinese e di molti altri paesi asiatici. Il monastero, fondato nel 1980 da Khenpo Jigme Phuntsok, si trova nella Contea di Serthar, Prefettura Autonoma Tibetana di Kardze, nella Regione del Kham, ad un’altezza di 4000 metri. A partire dalla sua fondazione, la notorietà e l’alta considerazione riservata a Khenpo Jigme Phuntsok hanno fatto confluire a Larung Gar migliaia di monaci e monache che hanno costruito le loro abitazioni nei dintorni dell’Istituto: le case ricoprono l’intera vallata e le alture circostanti fornendo un colpo d’occhio davvero impressionante.

Nel 2001 il complesso monastico vantava oltre 10.000 studenti. Nel giugno di quell’anno numerosi operai cinesi demolirono completamente circa 2000 case, incentivati oltre che da un compenso economico anche dal permesso di impossessarsi di tutto ciò che avrebbero trovato in ogni abitazione distrutta tra cui preziosi e antichi testi sacri e oggetti di culto. Sembra che in quell’occasione furono cacciati circa 8000 tra monaci e monache che si dispersero e vagabondarono senza dimora nelle zone circostanti, privi di riparo e assistenza. Le autorità della Regione vietarono esplicitamente qualsiasi tipo di aiuto, anche sanitario, e Khenpo Jigme Phuntsog, che si era rifiutato di partecipare alla cerimonia di insediamento del Panchen Lama riconosciuto dalle autorità di Pechino, fu trasferito di forza nella città di Chengdu, in un piccolo ospedale dove nel 2004 morì in circostanze poco chiare.

Gradualmente ricostruito negli anni con l’arrivo di nuovi monaci e la ricostruzione di un migliaio di abitazioni, Larung Gar ospita attualmente circa 10.000 studenti ma le autorità cinesi hanno deciso che il loro numero debba ridursi del 50% entro il 30 settembre 2017. Gli allontanamenti forzati sono iniziati a partire dallo scorso anno con l’espulsione di circa 600 studenti e di 400 residenti di età superiore ai sessant’anni costretti a tornare nelle città di appartenenza. Nel corso di quest’anno altri 1200 studenti dovranno lasciare l’Istituto in ottemperanza alle disposizioni emanate dalle autorità cinesi che hanno già contrassegnato le abitazioni condannate alla demolizione (dal 60 al 70% del totale) poiché, secondo l’ordinanza governativa, impedirebbero il passaggio delle autobotti dei pompieri. La riduzione del numero degli studenti a non più di 5000 unità sembra tuttavia essere una misura preventiva voluta da Pechino e forse caldeggiata dallo stesso Xi Jinping in quanto il governo cinese ritiene che il Centro di Studi sia in realtà un ricettacolo di elementi sovversivi che forniscono informazioni alle “forze separatiste in esilio”.

 

Fonti: Tibet Post International – Phayul – Radio Free Asia