TIBET: DURE CONDANNE A SETTE TIBETANI

wangdu
Dharamsala, 22 dicembre 2008. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha reso noto che sette tibetani, accusati di spionaggio, sono stati condannati a durissime pene detentive. La condanna più severa è stata sentenziata a Wangdu , un ex monaco collaboratore di un’Organizzazione non Governativa australiana impegnata nella campagna di sensibilizzazione contro il virus dell’AIDS (Wangdu appare nella foto, a sinistra, al lavoro dietro al banchetto). La Corte di Giustizia della città di Lhasa, che lo ha giudicato colpevole di aver preso parte all’organizzazione delle manifestazioni dello scorso mese di marzo e di aver fornito informazioni a organizzazioni indipendentiste legate alla “clicca” del Dalai Lama all’estero, lo ha condannato all’ergastolo e alla privazione a vita dei diritti politici. A sei altri tibetani sono state inflitte pene detentive variabili da nove a quindici anni di carcere. Si tratta di Migmar Dhondup, Phuntsog Dorjee, Tsewang Dorjee, Yeshi Choedon, Sonam Tseten e Sonam Dakpa, tutti accusati di aver fatto uscire dal Tibet informazioni e di aver arrecato minaccia alla sicurezza dello stato.
Un portavoce della Corte ha dichiarato che i reati contestati agli accusati sono incontestabili e che vi sono prove inconfutabili sia del coinvolgimento degli arrestati nell’organizzazione degli “incidenti criminali” avvenuti a Lhasa e altrove, su deliberata istigazione della “clicca” del Dalai Lama e di elementi indipendentisti.
La notizia delle condanne è apparsa, in lingua cinese, sull’edizione on line del quotidiano Lhasa Evening News il giorno 8 novembre 2008 e solo in questi giorni è stata tradotta e diffusa. L’estrema severità delle sentenze sembra essere un segnale della fermezza con cui Pechino intende impedire qualsiasi fuga di notizie riguardanti le manifestazioni all’interno del Tibet e la repressione in atto. Allo stesso tempo, la Corte di Giustizia sembra aver voluto inviare un chiaro monito alle Organizzazioni non Governative operanti sull’altopiano tibetano.
Da quando sono scoppiate le proteste, lo scorso 10 marzo, le autorità cinesi hanno cercato di imporre il blocco totale delle informazioni da e verso il Tibet e, di fatto, per alcuni mesi il paese è stato tagliato fuori dal resto del mondo.